Le “armi” per curare e correggere Angiomi e Malformazioni Vascolari
Trattandosi di difetti vascolari congeniti la terapia medica trova indicazione solo per alcune tipologie e soprattutto per contrastare o curare possibili complicanze.
Per quanto riguarda gli angiomi infantili, per limitarne la crescita ed accelerare il processo involutivo da circa un decennio il trattamento con Propanololo ha preso il posto dei trattamenti cortisonici che in passato venivano proposti sia per bocca che per infiltrazioni locali.
Per quanto riguarda le malformazioni vascolari vere e proprie per alcune patologie semplici o complesse particolarmente devastanti vengono attualmente proposti farmaci modulatori dell’angiogenesi (cioè dei processi di proliferazione dei vasi).
Si tratta di farmaci come la Rapamicina usati ampiamente per curare certi tumori, ma i cui effetti collaterali non sono da trascurare. Sono in corso trial internazionali multicentrici per validarne definitivamente il loro utilizzo.
Con questo nome “low dose medicine” si intendono oggi le terapie che fanno ricorso a rimedi naturali di tipo omeopatico e/o omotossicologico.
Trattasi di esperienze molto limitate ma estremamente promettenti, con risultati specie nelle malformazioni linfatiche in singoli casi davvero incontestabili.
Sono stati utilizzati, fra gli altri, rimedi naturali “drenanti”, antinfiammatori come l’arnica, stimolatori delle difese immunitarie come l’echinacea, promotori del rimaneggiamento osseo come la calcarea fluorica.
La fototermocoagulazione laser è una procedura in grado di chiudere vasi sanguingni superficiali e microscopici come quelli che caratterizzano le malformazioni capillari (port wine stain) tramite il passaggio di una radiazione luminosa di una determinata lunghezza d’onda attraverso la pelle, procedure cosiddette transdermiche eseguibili preferibilmente con il Dye laser pulsato (PDL).
Procedure transdermiche, con altri tipi di radiazioni, come quella emessa dal laser Nd:Yag, sono anche indicate per eliminare piccole malformazione venose o anche linfatiche superficiali sulla cute o sulle mucose.
Per le malformazioni venose più profonde il laser Nd:Yag o il laser a diodi possono essere efficacemente impiegati con tecniche cosiddette intralesionali che prevedono l’inserimento di una sottile fibra ottica nel contesto della malformazione.
La tecnica della scleroterapia, analogamente al suo uso corrente in flebologia per chiudere ed eliminare le vene varicose (dalle più voluminose alle più piccole teleangectasie), permette l’efficace trattamento di estese aree corporee infiltrate da malformazioni venose per effetto dell’azione irritante di un agente sclerosante sulla parete dei vasi ottenendo il loro collabimento e promuovendo il processo di sclerosi.
Da qualche tempo, analogamente a quanto si è diffuso in flebologica, è entrata nell’uso corrente la pratica di iniettare l’agente sclerosante nelle sue opportune diluizioni anche sotto forma di schiuma o mousse sclerosante, miscela di aria e liquido in micro bolle, allo scopo di rallentarne la sua fuga verso il circolo principale e prolungare il tempo di contatto con la parete della vena incrementando la sua efficacia nell’ottenere la sclerosi.
Per le lesioni più profonde e soprattutto in certe aree più a rischio come il collo o il volto è preferibile individuare preliminarmente o contestualmente all’iniezione di sclerosante le vie di scarico del sangue refluo dalla lesione, iniettando un mezzo di contrasto ed eseguendo quindi la procedura sotto controllo radiologico. Questo vale soprattutto quando si utilizza quale mezzo sclerosante l’etanolo (alcool), il più efficace ma anche il più potenzialmente rischioso dei mezzi sclerosanti.
La tecnica, secondo la nostra esperienza è da evitare nelle malformazioni venose che coinvolgono i muscoli (è scarsamente efficace e nella migliore delle ipotesi produce con la sclerosi un irrigidimento doloroso del muscolo interessato compromettendone la sua funzione).
Oltre alle malformazioni venose anche quelle linfatiche (linfangiomi cistici) possono essere trattati con tecniche di sclero-embolizzazione flebo- o eco guidata ( ma solo le forme macrocistiche rispondono bene a questo tipo di trattamento ).
L’embolizzazione
Questa tecnica di radiologia interventistica conta ormai, a partire dagli anni 70, una lunga tradizione quale arma per il trattamento (meglio sarebbe dire il “contenimento”) delle malformazioni artero-venose. Recentemente i notevoli progressi relativi ad alcuni materiali e strumenti (cateteri, micro cateteri, guide, colle ed altri materiali sintetici) hanno reso possibili procedure di embolizzazione in territori anatomici viscerali o periferici prima considerati irraggiungibili.
L’obiettivo dell’embolizzazione è quello di rallentare la circolazione turbolenta delle malformazioni artero-venose in quella parte emodinamicamente più attiva, il “nido”, cioè il “cuore pulsante” per così dire del difetto congenito.
Si procede iniettando, attraverso un sottile catetere inserito all’inguine nell’arteria femorale e fatto procedere in stretta prossimità del nido, microsfere sintetiche, colle sintetiche o etanolo.
La difficoltà sta nell’evitare di chiudere le arterie afferenti anziché il nido. Chiudendo infatti i vasi che portano il sangue alla malformazione si rischia solo di innescare l’attivazione di altri vasi per così dire “quiescenti” intorno alla malformazione stessa o addirittura promuovere processi di proliferazione endoteliale (neoangiogenesi). Per tale motivo fra i materiali usati per l’embolizzazione trova sempre meno indicazione l’uso di spirali un tempo utilizzate ampiamente, ma che finivano per chiudere per di più in modo aleatorio solo le vie di rifornimento.
Molto usate sono oggi le colle acriliche, che per altro richiedono una discreta perizia da parte dell’operatore radiologo nell’ individuare la giusta diluizione (con una diluizione esagerata si rischia di far passare la colla attraverso gli shunts nel circolo polmonare, con una diluizione troppo bassa si rischia di chiudere i vasi afferenti e non il nido).
L’etanolo è considerato probabilmente l’unico materiale in grado di chiudere definitivamente gli shunts artero-venosi, ma il suo impiego, molto doloroso (richiede di regola l’anestesia) è anche piuttosto delicato per il rischio di necrosi cutanee o lesioni nervose.
Malgrado i progressi delle tecniche e dei materiali, anche in mani esperte, è difficile ipotizzare una cura radicale di una malformazione a-v solo con l’embolizzazione. Questa tecnica va piuttosto considerata a nostro avviso una preziosa arma di supporto al chirurgo (se eseguita preoperativamente) o quqle procedura palliativa, ripetibile in casi ritenuti inoperabili.
La chirurgia
La chirurgia delle malformazioni vascolari viene comunemente considerata difficile, ingrata e rischiosa.
Difficile perché una malformazione vascolare può essere localizzata in aree anatomiche che non sono la sede abituale delle patologie vascolari della pratica quotidiana di un chirurgo vascolare. Inoltre alcune sedi anatomiche sono territori di specialisti (maxillo-facciali, ginecologi, ortopedici, chirurghi della mano, ecc) che possono avere dimestichezza di quel particolare distretto anatomico, ma non della patologia in questione e dei relativi potenziali sanguinamenti.
Ingrata per il rischio considerato inevitabile di recidive, tanto da far assimilare alcune malformazioni a tumori maligni.
Rischiosa ancora per possibili eventi emorragici o per il rischio di lesioni nervose.
Per tali motivi si comprendono gli atteggiamenti di comodo sui bambini da parte di alcuni specialisti con il rinvio all’età adulta dell’auspicata soluzione del problema.
Passando in rassegna rapidamente le varie tipologie di difetto vascolare, per gli emangiomi neonatali nell’era del propanololo sono estremamente ridotte le indicazioni alla asportazione chirurgica, salvo nei casi in cui già in fase di crescita non si ipotizzi una probabilità di alto grado di un esito esteticamente inaccettabile dopo l’involuzione dell’angioma (per es. angiomi “en Cirano”sulla punta del naso o angiomi voluminosi con piccola base di impianto) o quando l’angioma interferisca con le normali funzioni (angiomi palpebrali) o infine quando la terapia con propanololo risulti inefficace.
Le malformazioni capillari possono avere una indicazione alla chirurgia plastica solo nei rari casi di evoluzioni cosiddette “tuberose” che possono portare al volto gravi dimorfismi non trattabili con tecniche laser.
Nelle malformazioni venose la chirurgia trova spazio nelle forme cosiddette “tronculari” cioè quando trattasi di una anomalia di un singola vena oppure nelle forme circoscritte oppure anche in forme estese in associazione alla scleroterapia.
Con poche riserve l’indicazione all’intervento chirurgico nella nostra esperienza si pone nelle malformazioni venose intramuscolari: la scleroterapia è inefficace mentre l’asportazione chirurgica di un intero muscolo o di parte di esso viene facilmente compensata. Nelle localizzazioni agli arti il rischio emorragico può essere minimizzato bloccando la circolazione temporaneamente con l’applicazione di un bracciale (tourniquet) gonfiato alla radice dell’arto stesso.
Nei linfangiomi le indicazioni chirurgiche sono più discutibili poiché quelli più frequenti localizzati al collo sono anche quelli (specie se macrocistici) che rispondono meglio alla scleroterapia. In discussione rimane l’indicazione chirurgica per quelli microcistici che interessano l’area parotidea, la lingua(macroglossia) o l’orbita che poco rispondono alla scleroterapia.
Da discutere individualmente sono le indicazioni chirurgiche per le malformazioni artero-venose. Per le forme intramuscolari degli arti come per le forme venose si può procedere chirurgicamente a volte anche senza l’ausilio di una preliminare embolizzazione. Per tutte le altre la migliore strategia in ogni singolo caso va discussa in stretta collaborazione e confronto fra radiologo interventista e chirurgo.